La storia di Chiara Maria vista dal papà

La storia di Chiara Maria vista dal papà

Cari amici,

Mi è stato chiesto di raccontare le mie emozioni e la mia esperienza sulla nascita della nostra piccola e del periodo vissuto in terapia intensiva.

Le emozioni francamente sono state tante, un misto di felicità per la nascita di una figlia, la disperazione e la paura per la situazione che si stava verificando, per questa nascita avvenuta troppo presto……27 settimane.

Dunque da dove partiamo……, partiamo dalla notte di Natale 2014, quando mia moglie già ricoverata per “Gravidanza a rischio”, alle due di notte mi chiama al telefono e mi dice di correre che “facevano nascere la bambina”.

Letteralmente con i nonni mi sono catapultato a Pavia; durante il tragitto pregavo la Vergine Santissima di salvarne almeno una.

Dopo poco tempo di attesa davanti alla sala parto mi comunicano che la mamma sta bene, la bimba è nata, è viva ed soprattutto ha pianto.

Mi fanno vedere mia moglie, ci guardiamo negli occhi e insieme affidiamo la nostra piccola alla Madonna di Lourdes a noi tanta cara,……in fondo anche Lei la notte di Natale era impegnata a far nascere Gesù. …e questo  per noi significava molto.

Doveva chiamarsi solo Chiara invece è stata chiamata Chiara Maria.

Il nostro Natale, il mio Natale è stato veramente impegnativo infatti dopo aver “visto” mia moglie, mi chiamano perché devo conoscere mia figlia ed insieme agli Angeli della Terapia intensiva di neonatologia, dobbiamo accompagnare Chiara Maria nel reparto.

Ho avuto la netta sensazione che quando ho chiamato nostra figlia lei aprisse gli occhi ed ho pensato che questa bambina fosse tosta e sarebbe stata lei e non noi ad accompagnarci nel lungo periodo nel quale siamo stati in terapia intensiva, e così è stato.

Anche il giorno di Natale è stato veramente intenso…la sera del 25 dicembre Luciana ha voluto assolutamente conoscere Chiara Maria ed ho assistito cosa significa veramente il rapporto di amore tra madre e figlia. ..che non ha eguali,, tant’è che in quel momento addirittura mi sentivo quasi un estraneo; con mia moglie abbiamo deciso altresì di battezzare la nostra bimba e cosi alla sera del 25 dicembre 2014 abbiamo fatto.

Da quella notte è iniziato il nostro viaggio verso la luce del ritorno a casa che è durato più tre mesi, dove abbiamo conosciuto la competenza e la sensibilità di tutti Medici ed Infermieri della terapia intensiva, tutti supercompetenti, razionali e fermi per affrontare le situazioni che “si devono affrontare” fortunatamente e/o purtroppo in un reparto di terapia intensiva neonatale, ma nello stesso tempo ipersensibili.

Nulla competenza e disponibilità del reparto, non  è certo necessario fare nomi e soffermarsi molto. ..tanto è risaputo!!, infatti quello che voglio rimarcare in questa mia breve testimonianza è il legame che è nato tra i vari genitori…..ormai ci sentivamo genitori di tutti i bambini presenti in reparto e con alcuni il legame affettivo è rimasto, tanto da passare anche un week end insieme questa estate.

Cosa dire ancora di quel periodo, che sembra lungo ma in fondo breve, caratterizzato dai continui miglioramenti di Chiara Maria ed intervallati dai momenti di sconforto e di stanchezza.

È stato un momento della nostra vita certamente intenso, duro perché non si può nascondore che non sia stato stancante e stressante,  che non dimenticheremo mai e che racconteremo a nostra figlia quando sarà grande.

Consigli che mi sento di dare nel mio piccolo ai genitori che stanno vivendo questo momento è quello di restare uniti nella coppia, dandosi delle priorità infatti io lavoravo e Luciana restava più con la piccola; di prendersi del tempo anche per rilassarsi, in quanto fare gli eroi e restare h24 accanto al proprio scricchiolo non serve….i nostri bimbi quando tornano a casa, perché bisogna credere che tornano a casa, hanno bisogno di genitori svegli e non di zombie viventi.

Infine di non chiudersi in se stessi ma dialogare e sfogarsi perché lo stress da qualche parte deve uscire.

Ora la nostra piccola e tornata a casa a fine marzo 2015, è una piccola monella di più di 7 kg che tieni allegri e ….svegli tutti con le sue urla.

Certamente il periodo più difficile è passato ma di strada c’è ne ancora da fare e sono sicuro che sui nostri bimbi veglia il piccolo Mattia, nato non prematuro ma che era in terapia intensiva. ….per altri motivi. …ma questa è un’altra storia. ..ora Mattia è un Angelo che veglia sui suoi fratellini più piccoli del gruppo vacanze terapia intensiva periodo ottobre 2014,marzo 2015.

Claudio Busi

La storia di Beatrice

La storia di Beatrice

Sono Laura, la mamma di Beatrice. Mi piacerebbe raccontarvi la nostra storia.

Beatrice mi piace descriverla come il nostro arcobaleno dopo la tempesta. Il nostro miracolo.

Beatrice è stata cercata per due lunghissimi anni, quando, il 29/11/2022, la mia ginecologa mi disse che non sarei mai riuscita a rimanere incinta in modo naturale.
È stata una notizia dura da accettare, ma non abbiamo mai perso la speranza e ci siamo informati per la PMA.
Dopo esattamente quindici giorni, il 16/12/2022, il test è risultato positivo.
Eravamo emozionatissimi e allo stesso tempo spaventati.

La gravidanza è proseguita tra alti e bassi: una gravidanza a rischio, ma comunque abbastanza tranquilla.
Ci siamo sposati mentre ero incinta di sette mesi e mezzo: un’emozione unica.

A 29 settimane, corro al pronto soccorso di Pavia per delle perdite. Riuscirono a bloccare tutto e rimasi a riposo.
A 31 settimane sono di nuovo in ospedale, ma anche questa volta riescono a risolvere la situazione.
A 32+6 settimane finisco nuovamente in ospedale e, alle 4:32 del mattino del 3/07/2023, nasce la nostra piccola guerriera, Beatrice, con un peso di 2.125 grammi e lunga 44 cm.

Del parto ricordo solamente i suoi pianti e i suoi occhi, intravisti velocemente, prima che l’équipe della terapia intensiva neonatale la portasse via.
Era una bella bambinona e, pur essendo grande per il periodo gestazionale, il parto prematuro sembrava non aver avuto conseguenze su di lei.
I dottori però ci dissero che aveva bisogno di un piccolo aiuto per respirare, tramite CPAP e poi con gli occhialini.

Vederla così piccola, dentro quella culla circondata da macchinari… è stata un’esperienza che ci ha segnato profondamente e che farà per sempre parte di noi.
Ti senti impotente: vorresti solo chiudere gli occhi e riaprirli a casa, abbracciata alla tua bambina.

Io e mio marito non possiamo che ringraziare tutte le persone meravigliose che si sono occupate di Beatrice durante il nostro mesetto circa in reparto.
A me è sempre piaciuto chiamarli “angeli custodi”, perché si occupano non solo delle vite dei nostri bambini, ma anche dei loro genitori.

Durante quei giorni ho imparato tantissime cose, ascoltato tanti consigli.
Ovviamente la mia Beatrice è stata davvero fortunata: una volta capito come respirare bene da sola, non ha più avuto bisogno dell’ossigeno e, dopo 2-3 giorni, siamo potuti tornare a casa.
Durante quel periodo abbiamo conosciuto tante mamme e tanti bambini, ognuno con la propria storia — alcune purtroppo meno fortunate della nostra.
Anche questo ci ha aiutato: ci ha dato forza per andare avanti.
Bambini così piccoli, fragili, ma con una grinta enorme, che lottano con le unghie e con i denti davanti alle prime sfide della vita… è un insegnamento che porteremo sempre con noi.

Ad oggi Beatrice ha 20 mesi, pesa 13 kg ed è alta 86 cm. È la nostra gioia più grande.

Ai genitori che si trovano adesso ricoverati con i loro piccoli grandi guerrieri, mi sento di dire: siate forti, abbiate la stessa grinta e lo stesso coraggio dei nostri piccoli…
Perché dopo la tempesta esce sempre l’arcobaleno, e i nostri bimbi, con i loro sorrisi e i loro sguardi, sapranno colmare tutte le nostre paure e ansie.

Scusate per le tante parole… e grazie davvero di cuore per tutto quello che avete fatto per la nostra bambina.

Laura, Andrea e Beatrice.

La storia di Giorgio

La storia di Giorgio

Giorgio è nato il 28/12/1997, pesava gr 1.050, l’età gestazionale era di 30 settimane ma i suoi parametri di crescita erano quelli di 28 settimane.

La sua nascita prematura è stata causata dalla sindrome di H.E.L.L.P. che improvvisamente ha colpito la sua mamma. E’ stato dimesso dalla T.I.N. (Terapia Intensiva Neonatale) il 28/10/1998, esattamente 10 mesi dopo la nascita, con un peso di Kg. 4,120. La diagnosi alle dimissioni era: broncodisplasia, malattia delle membrane ialine, cuore polmonare cronico ed altro ancora…

Il suo decorso ospedaliero è stato come quello di tanti altri bambini prematuri, solo molto più lungo rispetto alla media in seguito alle ripetute infezioni broncopolmonari ed alla sua dipendenza dall’ossigeno. Verso la fine del mese di settembre 1998 i medici hanno cominciato a parlare di un’eventuale dimissione dato che ormai Giorgio era “grande” ed aveva bisogno di stimoli diversi da quelli che poteva dargli una camera di ospedale e anche per evitare continue ricadute (come si sa le infezioni nosocomiali sono frequenti). Ovviamente avremmo dovuto portare a casa il nostro piccolino con ossigeno, saturimetro ed aspiratore. Io e mio marito eravamo al settimo cielo, anche se un po’ spaventati dalla futura gestione di tutte quelle macchine.

Devo premettere però, prima di raccontare come ho gestito la situazione a casa , che in TIN mi hanno permesso durante gli ultimi 5-6 mesi, data la lunga degenza, di entrare alle 7 del mattino ed uscire alla sera quando Giorgio si addormentava (vale a dire verso le 22). Ovviamente le nonne e mio marito (compatibilmente con il suo lavoro) potevano darmi il cambio qualche ora al mattino od al pomeriggio. Questo mi ha agevolato molto perché già in ospedale ho imparato a gestire mio figlio cominciando dal bagnetto mattutino fino alla somministrazione della terapia. Ho imparato in ospedale, grazie alla disponibilità di tutto il personale medico ed infermieristico che ancora oggi si interessa a noi, a dosare l’ossigeno, ad aspirare Giorgio (esperienza poco piacevole) ed anche a controllare l’acqua dell’umidificatore che se si capovolge rischia di essere inalata attraverso gli occhialini.

A casa abbiamo preparato tutto l’occorrente, tramite l’ASL abbiamo avuto la bombola di ossigeno con umidificatore (molto importante perché l’aria secca è dannosissima), che veniva cambiata regolarmente quando stava per finire, la bombola portatile da caricare per uscire, un saturimetro ed un aspiratore. Due medici della Patologia Neonatale che l’hanno avuto in cura sono venuti a casa nostra a vedere se tutto era a posto, così ha fatto anche un medico dell’ASL Presidio Pneumotisiologico e il neuropsichiatra infantile che è venuto con la fisioterapista che poi ha seguito Giorgio per 3 volte alla settimana per quasi 2 anni. Sono stati tutti fantastici!

Finalmente il 28/10/1998 Giorgio è arrivato a casa (quella notte non abbiamo chiuso occhio perché eravamo terrorizzati che potesse non star bene e quindi rimandare le dimissioni). E qui abbiamo cominciato il nostro cammino fatto di ansie e tranquillità, paure e sicurezze, lacrime e sorrisi…. Ma a distanza di oltre 9 anni siamo una famiglia felice, abbiamo ridimensionato la scala dei valori e sappiamo godere di tutte quelle piccole cose che prima passavano inosservate. Ma parliamo ora di quello che abbiamo fatto in pratica per svezzare Giorgio dall’ossigeno. Non esiste un modus operandi, si va per tentativi sperando sempre sia la volta buona. Abbiamo fatto prove su prove soprattutto durante le ore di sonno in modo che il saturimetro fosse attendibile per mancanza di movimenti continui, e piano piano prima abbiamo cominciato ad abbassare l’ossigeno, poi a chiuderlo per pochi minuti fino a quando la saturazione non scendeva sotto 87-88%, poi i pochi minuti sono diventati 10, poi 20 e così via. Al mattino poi abbiamo cominciato durante il bagnetto giornaliero a lasciarlo in aria ambiente fidandoci del suo colorito. Successivamente, ma sempre in casa, provavamo la saturazione senza ossigeno e se era da 89% in su lo lasciavamo senza occhialini controllando sempre il colorito intorno alla bocca, agli occhi e le unghie e provandogli la saturazione ogni 15-20 minuti. Quando ci siamo sentiti pronti tutti e tre abbiamo cominciato ad uscire senza ossigeno ma con la bombola portatile carica e gli occhialini per ogni evenienza, stavamo nel quartiere a passeggiare per 30-40 minuti e poi via di sopra a misurare la saturazione, se era OK non facevamo nulla se invece era sotto 88% gli somministravamo un pochino di ossigeno. Tutto ciò è continuato per altri 6 mesi circa; poi Giorgio di giorno stava in aria ambiente e di notte aveva bisogno ancora un po’ di ossigeno fino a giugno 1999 quando si è definitivamente svezzato.

Successivamente, dai 2 anni ai 2 anni e mezzo, ha avuto tre episodi di focolai broncopolmonari (di cui 1 bilaterale) che l’hanno riportato sotto ossigeno per 2 o 3 giorni ed anche al ricovero. Dai 2 anni e mezzo ad oggi abbiamo affrontato altri focolai ma senza ossigeno e senza ricovero, solo con terapia antibiotica per bocca.

Nel dicembre 2006 Giorgio è stato sottoposto ad intervento per ernia inguinale destra e fortunatamente ha affrontato l’anestesia e il decorso post-operatorio nel miglior modo possibile, come d’altra parte lui ha sempre fatto.

Certo avremmo voluto non affrontare tutto questo ma abbiamo dovuto imparare nostro malgrado ad avere tanta pazienza perché spesso è solo questione di tempo. Anche noi abbiamo avuto i nostri momenti di sconforto, ricordo ancora le notti passate a guardare il saturimetro che non saliva o i movimenti respiratori di Giorgio (a volte li guardo ancora quando è raffreddato o tossisce, penso che non perderò mai l’abitudine) eppure è passato, adesso viviamo una vita serena.

Giorgio frequenta la terza elementare, siamo molto contenti dei risultati anche se ovviamente è da seguire con più assiduità di quanto si potrebbe fare con un bambino nato a termine. Abbiamo nel corso degli anni frequentato corsi di acquaticità, musicoterapia, psicomotricità ed attualmente abbiamo iniziato un interessantissimo corso di riabilitazione equestre che sembra piacergli molto ma soprattutto sembra già dare i suoi frutti. Le difficoltà oggettive ed apparenti di Giorgio risultano essere una scarsa concentrazione ed una lieve iperattività che grazie agli sforzi della psicomotricista, degli insegnanti e di questo nuovo corso equestre si cerca di migliorare.

Pare proprio abbiamo scelto il nome appropriato, come San Giorgio vinse la battaglia contro il drago, il nostro piccolo grande eroe ha vinto la sua battaglia più grande: quella per la vita!

La storia di Daniele

La storia di Daniele

Ciao, mi chiamo Daniele Negro, sono un bimbo prematuro, sono nato il 23 febbraio 2005 alle ore 16.15, presso il Policlinico “San Matteo” di Pavia, alla 23° settimana + 4 gg di gestazione a causa di una Hellp Sindrome.

Sono venuto al mondo con taglio cesareo d’urgenza, peso solo 560 gr, sono lungo 32 cm e la mia circonferenza cranica è di 21 cm.

La mia mamma ha avuto una gravidanza tranquilla sino alla 23° settimana, quando, improvvisamente ha accusato forti dolori di stomaco ed ipertensione; per questo, e stata ricoverata per accertamenti presso l’Ospedale Civile di Piacenza, dove ha trascorso la notte tra forti dolori.

Il mattino seguente la situazione è precipitata e dopo attente analisi è emerso che si trattava di “Preeclampsia grave con evoluzione verso Hellp Sindrome”, e per questo è stata trasferita con urgenza presso il Policlinico “San Matteo” di Pavia, Centro di III° livello specializzato in prematurità estrema.

Tra i tanti medici che si alternano per comunicare ai miei genitori l’evolversi della situazione, vi è anche un Neonatologo, il quale li informa che, causa la mia estrema prematurità, la speranza che io sopravviva è ridotta ad un lumicino, e che effettuano il parto cesareo solo per salvare la vita alla mia Mamma.

I miei genitori sono disperati, la mia Mamma piange e non vuole sottoporsi all’intervento per salvare la mia Vita.

Dopo 4 ore circa di tentativi per poter prolungare la gestazione e quindi regalarmi qualche speranza in più, la situazione si aggrava e i medici procedono al parto d’urgenza.

Al momento della mia nascita, in Sala Parto è presente un Neonatologo al quale sono affidato per le prime cure: mi rianima, mi ventila e mi adagia in un’incubatrice adatta al trasporto e mi trasferisce immediatamente nel Reparto di Patologia Neonatale

– Terapia Intensiva e Rianimazione.

Da quel giorno i medici e gli infermieri del Reparto diventano la mia seconda famiglia, curandomi e volendomi bene come a un figlio, non a caso all’ingresso del Reparto campeggia una toccante frase:

NOI CURIAMO DEI FIGLI NON DEI PAZIENTI
In questi 107 giorni di degenza ho affrontato grandi e piccoli problemi, ma la mia voglia di vivere e di farcela ha superato ogni difficoltà.

Per i primi 40 giorni sono rimasto intubato, necessitando di un’alta percentuale di ossigeno, tra il 70 e l’80 %, per poi essere estubato e posto in CPAP (ventilazione meccanica tramite mascherina nasale) per ulteriori 30 giorni.

Ma la mia vittoria più importante risale al 5 maggio quando ho cominciato a respirare da solo senza l’aiuto di alcun macchinario, necessitando solo a tratti di ossigeno in culla per una percentuale tra il 21 e il 24 %.

Il giorno che i miei genitori non dimenticheranno mai è sicuramente il 23 maggio quando, con enorme sorpresa, mia hanno trovato in una bella culla nel reparto subintensivo, primo passo verso casa.

Il 9 giugno 2005 vengo dimesso dopo gli ultimi controlli di routine che danno esito favorevole.

CIAO

DANIELE

La Storia di Emma

La Storia di Emma

DOMENICA 29 dicembre 2013 alle ore 21.22 ,con cesareo d’urgenza per distacco della placenta, nasceva la piccola Emma. È nata di 31 settimane con un peso di 1490 g e lunga 42 cm. È rimasta in TIN per 13 giorni; dopo 2 giorni è stata intubata ma x meno di 24 ore, poi Cpap a 22% ( io circa una settimana prima avevo fatto in ricovero la profilassi per la sua respirazione). È bastata la terapia farmacologica per la chiusura del dotto. In patologia neonatale è rimasta per 21 giorni e finalmente il 31 gennaio Emma ha potuto lasciare l’ospedale e venire a casa. Adesso è una piccola peste di 16 mesi anagrafici e quasi 13 corretti,inizia a camminare da sola, è una gran curiosa, dice mamma..è sempre allegra e sorridente e frequenta volentieri il nido , dove ha incontrato una sua vicina/amica di “incubatrice”.

Emozioni della mamma

Ho desiderato tanto questa piccola e ho fatto tanto per averla per cui quando ..quella domenica ho sentito come uno scoppio e visto nuovamente le macchie di sangue, il mio cuore ha avuto un grosso tonfo e la paura di non arrivare in tempo è stata tantissima. Fortunatamente ero rimasta a Pavia da mia sorella e così dopo un’ora dall’arrivo in ps è nata. Me l’hanno tirata fuori dalla pancia senza che io mi accorgessi di nulla. Ecco la nascita della mia cucciola.. quel magico momento in cui per la prima volta vedi quel frugoletto che hai gelosamente custodito e cercato di proteggere a me manca tantissimo; è un vuoto che non riesco a dimenticare e credo che solo chi lo ha vissuto possa capire.

Ho visto Emma dopo 2 giorni; indossato camice, calzari, cuffia sono entrata, quasi con timore, in questa grande stanza alla ricerca di mia figlia e poi eccola lì ..piccola, fragile ma già pronta a lottare. Ti guardi intorno e ti basta incontrare lo sguardo delle altre mamme per sentirti forte e non sola e capire che da quel momento entrerai a far parte di un’unica grande famiglia e che ogni sinolo cucciolo che si trova in quella stanza è anche il tuo.

La storia di Sara

La storia di Sara

Ciao! Io mi chiamo Sara.

Nel lontano 2002 dopo un rischioso viaggio in ambulanza ancora nella pancia della mamma io e la mia gemella Elisa, impazienti di nascere, siamo giunte al Policlinico San Matteo di Pavia.

Lì, nonostante gli sforzi per farci stare ancora ben protette nella pancia di mamma, abbiamo deciso di voler esplorare questo fantastico mondo e siamo venute alla luce il 19 luglio 2002.

Era solo la 24° settimana di gestazione! Il nostro peso alla nascita era di 710 g ciascuna ed io con il calo fisiologico ho raggiunto i 550 g. Le nostre condizioni si sono presentate subito gravissime, non eravamo in grado di respirare autonomamente e dopo un breve periodo la mia sorellina Elisa non ce l’ha più fatta a lottare contro qualcosa più grande di lei per questo io ho deciso di farcela per entrambe ed eccomi qui a raccontare la mia storia.

Grazie alle assidue cure ed attenzioni prestatemi per due mesi e mezzo nel reparto di Terapia Intesiva ho raggiunto il peso di 2500 g e finalmente respiravo da sola.

Al compimento del 3° mese di vita ho subito un intervento di crioterapia per una grave malattia degenerativa ad entrambi gli occhi e finalmente dopo ulteriori 8 giorni di degenza sono andata a casa con i miei genitori. Era il 31 ottobre 2002.

A distanza di oltre 4 anni sono una bimba sana e precoce e per la gioia di mamma e papà sono decisamente vivace.

Quello che desidero testimoniare con questa mia storia è che nonostante a volte la speranza di farcela sia quasi impalpabile esistono prove viventi che mai nulla è perduto.

Forza quindi soprattutto ai genitori in ansia, sappiate che noi piccolini abbiamo risorse inimmaginabili e saremo in grado di stupirvi ancora ancora ancora……..

La storia di Luca

La storia di Luca

Ciao a tutti, mi chiamo Luca e sono nato il 07/10/2013 di 32 settimane+6 gg., peso 1785 gr., lunghezza 44 cm, segni particolari prematuro.

Quando sono nato il mio impatto con il mondo è stato un po’ traumatico, non respiravo da solo, sono stato riempito di fili, messo in una scatola trasparente e portato in terapia intensiva per 45 gg.
Non è quello che un bimbo come me si aspetta dalla nascita, anche perché quando ero nella pancia della mamma era tutto tranquillo e ricevevo tante coccole.
Pensavo anche fuori fosse cosi ma non per me, per parecchi giorni ho visto mamma e papà appoggiati alla mia scatola, non so cosa pensavano ma forse erano confusi e disorientati come me. Fortunatamente dopo tanti alti e bassi
le mie condizioni a poco a poco sono migliorate e mi hanno trasferito sempre con tanti fili in una culla aperta dove finalmente è iniziato una vero rapporto con mamma e papà, mi cambiavano, mi davo il biberon ma soprattutto mi facevano sentire il loro affetto abbracciandomi e tenendomi sul petto, ero ritornato come nella pancia.

Che fatica, ma ci sono riuscito, il 20/11/2013 sono tornato a casa con un peso di 3kg, grazie alle cure e all’affetto del personale medico della TIN del San Matteo di Pavia ed in particolare alla Dott.sa Zanette.
Oggi ho 18 mesi e nonostante ancora devo sottopormi a controlli periodici, sono un bimbo felice, sempre sorridente, molto attivo e soprattutto FORTUNATO.
Un saluto da Luca mamma e papa a tutti i bambini com e me e soprattutto alla mia compagna di avventure Olivia e ai sui Genitori.
Non dimenticate mai che noi prematuri siamo bimbi speciali, forti e coraggiosi, perché ci siamo conquistati la vita combattendo giorno dopo giorno.

La storia di Leonardo e Matilde

La storia di Leonardo e Matilde

Eccoli qui, i miei raggi di sole, eccoli qui i miei “Soldi di cacio” i miei guerrieri:
Leonardo nato il 14/02/2012 alla 26+0 e Matilde nata il 26/12/2013 alla 26+6.
Ebbene sì, ho fatto doppietta e li ho accompagnati, come si dice. Ma non solo perché ho avuto due bimbi, maschietto e femminuccia ma anche perché ho provato per ben due volte l’esperienza “extraterrestre” della terapia intensiva e ci
siamo accompagnati e tenuti per mano per 78 e 65 interminabili giorni. Giorni bui e giorni di luce. Giorni di angosce, paure; giorni di traguardi raggiunti e speranze.
Ho scritto esperienza extraterrestre perché per me è stata cosi…Indescrivibile ed inconcepibile, difficile da accettare.
I sensi di colpa e la paura mi hanno accompagnata per giorni. Non vi sto a raccontare la storia delle mie gravidanze ed il perché sono terminate così presto e con il ricovero dei miei cuccioli. Non ve lo racconto perché non è questo che importa.

Quello che importa sono le sensazioni di noi, obbligatoriamente coraggiose/i, mamme e papà. (Non dimentichiamoci dei papa, figure importanti ma mai menzionate). Quello che importa sono le storie dei nostri
cuccioli una volta “scappati” dalle nostre pance non più idonee a contenerli.

Ecco la nostra storia:
Quando partorii Leonardo (lui nacque per vie naturali dopo una degenza di un mese in ospedale) lo sentii piangere e poi…il vuoto! Il vuoto di pancia, il vuoto di cuore, il vuoto dell’anima…
Mi riportarono in camera disperata, angosciata, terrorizzata ma al tempo stesso piena di speranza amore e fiducia nella sua forza.
Il reparto di patologia neonatale era in un altro padiglione ed io ero bloccata li.. Non potevo seguire il mio cucciolo, vederlo, fargli sentire la mia voce. Ero sommersa dalle emozioni. Mio marito lo segui e quando, dopo 2 ore mi porto la sua foto mi pareva grande e, nonostante tutti i tubicini che lo avvolgevano, mi pareva bellissimo. Tanto dissi e tanto feci che la sera l’ambulanza mi accompagno in TIN (terapia intensiva neonatale) Ricordo che in ascensore mi tremavano le gambe! Un infermiere molto gentile mi accompagnò davanti alla sua incubatrice…
Lo vidi e incominciai a piangere, piangere di un pianto disperato: com’era piccolo!
Com’era indifeso. Pieno di fili e col braccino già bucato dagli aghi.. ” No, non può essere giusto, non dovevi essere qui! Io sono la tua mamma amore mio, non ti lascerò mai. Ti prego, non lasciarmi tu” Questo è ciò che continuavo a ripetergli.
I sensi di colpa per non essere riuscita a proteggerlo erano enormi. La paura di perderlo era devastante. In quel momento mi giurai che sarei stata forte e positiva e cercai ogni giorno di trasmettermi e trasmettergli serenità e positività. Anche se, in un reparto del genere, dove ti sobbarchi anche delle energie e delle emozioni degli altri genitori, non è facile. Il decorso è stato lungo e difficile: dalle trasfusioni, alle desaturazioni. Da giorni nei quali facevamo un passo avanti a quelli nei quali ne facevamo due indietro. Non ero più solo Gabi , ora ero Mamma Gabi, Mamma di un bimbo nato di 1kg x 34cm. Mamma di un bimbo che non viveva con me.
Mamma di un bimbo che non sapevo se avrei portato a casa sano. Difficile e doloroso l’essere dimessa dal reparto d’ostetricia coi i tuoi fiori in mano, la coccarda della nuova nascita ma senza il tuo cucciolo tra le braccia. Difficile il doverti alzare ugualmente, la notte, ogni 3 ore per tirare il latte perché sai che, il latte, è l’unica cosa veramente importante che puoi fare per lui.
Lacerante il vederlo, li, indifeso, maneggiato da estranei, quando tu, mamma, gli puoi solo parlare e stringere le manine. Ricordo con commozione la gioia infinita ed emozione immensa il giorno della mia prima marsupio terapia: finalmente potevo tenere in braccio mio figlio,20 giorni dopo la sua nascita. L’adrenalina e l’amore prendono il sopravvento e ti fanno andare avanti. Impari ad essere paziente ed impari ad avere fiducia negli altri, perché sono ”GLI ALTRI” che si stanno prendendo cura del tuo bambino.
Il reparto diventò la mia seconda casa, se non la prima. E la mia fortuna è stata quella di trovare infermieri premurosi ed una dottoressa sensibile al mio “cuore di mamma”. Una cosa bella che accade è, però, il rapporto che s’istaura con gli altri genitori, in particolare mamme. Scatta una sorta di solidarietà materna più che femminile. Personalmente, i rapporti d’amicizia intrapresi allora durano tutt’ora! Dopo 78 giorni di altalene emozionali, lotte, battaglie vinte e di conquiste, finalmente portammo a casa il nostro piccolo guerriero e….questa è
un’altra storia!
Veniamo ora a Matilde!
Mati è nata “incazzata” (cosi m’hanno detto che era quando l’hanno disturbata tirandola fuori dalla pancia) il giorno di Santo Stefano, tramite cesareo d’urgenza.
Anche lei è stata portata immediatamente in terapia intensiva in quanto è nata di 875 grammi per 34 cm.
Questa volta, però l’avevo vicina, se così si può dire: era al piano inferiore in quanto i reparti di patologia e ostetricia si erano trasferiti nel padiglione nuovo. L’avevo vicina ma io, porca miseria, ero allettata causa cesareo e quindi, anche con lei, per 2 giorni ho ricevuto notizie da mio marito.Il ricovero di
Mati è stato diverso: è stato “soft”.
C’era sempre la paura di perderla e le maledette 78 ore di prognosi riservata mi angosciavano anche per lei.
La differenza sostanziale stava nel fatto che:

sapevo a cosa si stava andando incontro; conoscevo molto bene la neonatologa (la stessa che segui Leo) e lo staff infermieristico. Conoscevo i vari passi da compiere, le attese, le terminologie mediche.
Mentre con Leo, oltre al dolore del distacco, il terrore verso l’ignoto e l’impatto con il “mondo parallelo della TIN” fu devastante.
Con Mati ero solamente concentrata sulle sue condizioni fisiche e sul trasmetterle il mio amore. Un deterrente da non sottovalutare è stato anche l’avere un altro “Cucciolo” a cui pensare a casa. Non avevo tempo per crolli emotivi.
E dopo 65 giorni la mia guerriera ha potuto conoscere suo fratello.
Ora in casa ho due sveglissimi e instancabili super monelli di 3 e 1 anno che si amano follemente. Sono le nostre gioie ed il nostro orgoglio.

La Storia di Rebecca e Samuele

La Storia di Rebecca e Samuele

La mia triste e gioiosa storia inizia con la fine delle abbuffate natalizie: al 28 di dicembre 2013 comincio ad avere dolori addominali; il primo pensiero è stato ovviamente “ho esagerato con il cibo!”.
Il giorno dopo ho ancora i dolori e i miei gemellini (Rebecca e Samuele) continuano “a fare i gatti che si stirano”, cioè mi si indurisce e si deforma la pancia.
La ginex mi dice di andare al pronto soccorso se quelle che poi saranno definite contrazioni di indurimento continuano, così, alle ore 5 del 30/12/2013, sveglio Roberto, prendo la mia valigia e andiamo al PS ostetrico. Monitoraggio, esami su esami e poi il ricovero (31+3week): per 2 giorni mi fanno una flebo di un farmaco per bloccare le contrazioni di indurimento(avendo il collo dell’utero lungo 4 cm!!!)e poi mi tengono sotto controllo ancora per 24 ore…2 monitoraggi e 4 volte al giorno mi rilevavano i battiti dei cuoricini… finché il 2/01/2014 non mi rilevano più quello di Samuele… ecografia… disperazione, paura, sdegno, RABBIA!
Samuele è un angelo del Paradiso…
In uno stato catatonico mi portano il sala operatoria per far nascere Rebecca.
Alle ore 22.19 (a 31+6 week ) ecco il flebile gemito della mia survivor ( 1850g)che mi fa gioire e piangere di felicità per la sua nascita! Già sono pazza di lei! Un bacino e subito in TIN…

Un giorno di ossigeno, tre di sondino e poi già allattamento al biberon! Lei è un toro! Reagisce benissimo a tutte le cure e fa progressi di giorno in giorno!! Intanto io mi sfracello i capezzoli al tiralatte per 10 cc in circa un’ora di tiraggio, ma non demordo!!!
Quei 10cc diventeranno 30, poi 50 e infine 60! Non sono mai riuscita a darle tutto il latte che necessitava, ma non mi sono mai arresa! Mi alzavo anche alle 3 di notte, ma le sue 5 boccette da 60 ml gliele portavo tutti i giorni! Per questo devo ringraziare la puericultrice del DEA di PV!
Altre lacrime quando non la trovo più nella 3^ stanza, ma è passata nella 2^ (più vicino alla porta di uscita), fino alla sua 34° settimana, in cui la mettono nella prima! E poi a 35 settimane scoccate SI VA A CASA! Mi sono informata per poter portare a casa la macchina che rileva i battiti e l’ossigeno nel sangue a cui è sempre
rimasta attaccata, ma non c’è stato verso…
Sono passati circa 14 mesi e mezzo (oggi è il 19/03/2015) ed ecco la mia servivo: 75 cm e 10,7 kg!

La storia di Olivia

La storia di Olivia

Mi chiamo Alice, la mia bimba si chiama Olivia Anna Andrea, ho sempre detto che non le avrei mai dato un secondo nome, invece le ha donato altri due nomi che la proteggono.

Olivia decide di nascere molto prima del tempo, dopo solo 24 settimane più 3 giorni, alla nascita pesava 717 g., era talmente decisa che non mi ha nemmeno dato il tempo di arrivare in ospedale, nasce a casa, nel letto di mamma e papà, con vicino solo la sua nonna Anna, appunto. Ricordo l’estrema paura di perderla, continuavo a ripetermi “non può finire così, non puoi lasciarmi”, la nostra grande paura fu accolta dai medici del 118, che dopo pochi minuti dall’uscita della testa, ci raggiunsero per soccorrerci. Il secondo nome è proprio quello del nostro eroe buono, Andrea, il medico che a sua detta ha perso molti anni di vita a causa nostra.
Poi una folle corsa in ambulanza, e quella prima notte separate da chilometri, lei a Pavia in TIN, io ricoverata a Vigevano. Ricordo la sensazione di vuoto provata, la pancia non c’era più e il ritrovarmi attorniata da molte mamme felici con il loro bimbo accanto. Ma per fortuna la notte passò e il mattino successivo riuscii finalmente ad andare a conoscere la mia lenticchia. Il primo incontro lo ricordo come fosse ieri, era così piccola, mi sembrava impossibile che potesse vivere fuori da me, sentendo la mia voce ebbe scompensone cardiaco e respiratorio, per la serie “oh cavolo, questa è la mia mamma, che emozione!”.
Quel giorno il mondo mi cascò addosso, scoprii che esisteva un mondo parallelo, completamente altro da quello che conoscevo, la terapia intensiva e le sue regole, una genitorialità completamente diversa da quello che era la mia idea. I primi tempi furono duri, sempre preoccupati e attaccati a quella che era la parola più bella che si potesse sentire in quei box ospedalieri: stabile, la sua bimba è stabile, la frase migliore che si riusciva a sentire. I giorni passarono e piano piano Olivia ha superato tutti gli ostacoli che le si ponevano davanti e io con lei. Ho imparato a vivere e a tratti ad apprezzare la vita sospesa di una mamma prematura, in attesa di farla ripartire il giorno delle tanto agognate dimissioni. Che arrivarono dopo quattro mesi e mezzo dalla sua nascita.

Finalmente a casa, anche se con ossigeno terapia, ma a casa con mamma e papà.
Finalmente potevo darle il seno ogni volta che volevo, (allattare un prematuro si può, anche quando come me hai poco latte, ci vuole tanta convinzione e bisogna attaccarlo il più possibile), potevo dormire attaccata a lei sia di notte che di giorno, potevamo iniziare a progettare la nostra vita in tre.
La cosa che ho amato del ricovero di Olivia è stata la possibilità di conoscere tante stupende mamme e tanti stupendi papà, prematuri come me, il confronto e il sostegno provato in quei quattro mesi e mezzo sono stati qualcosa di fortissimo e bellissimo, si era formata una nuova famiglia, ho mantenuto il contatto con quasi tutti e ancora oggi è molto bello rivedersi e condividere la crescita dei nostri guerrieri.
Olivia oggi ha 17 mesi anagrafici e 13 e mezzo corretti ed è una bellissima, con qualche cosina da recuperare, ma si sveglia sempre con il sorriso e sta diventando sempre più una furbetta, proprio come le ho sempre detto in TIN, si impegna a far la monella.

Storia di Marco vista dal papà

Storia di Marco vista dal papà

Vorrei raccontare la storia di mio figlio Marco nato il 21 gennaio 2014.

Era la sera del 19 gennaio 2014 e con tutta la famiglia (mamma chiara, 3 anni, e i 2 nanetti Giulia, 8 anni, e Luca, 6 anni) ci stavamo divertendo guardando una partita di pallavolo. Improvvisamente chiara va in bagno e al suo
ritorno mi dice che c’è qualcosa di strano. Aspettiamo la fine dell’incontro e torniamo a casa, ma una volta arrivati decidiamo di andare in ospedale per un controllo. In ospedale inizia la nostra avventura che durerà 2 mesi e 2 giorni.
Rottura delle acque e trasferimento da Piacenza a Pavia.

Chiara rimane rimane in osservazione 2 giorni, poi i dottori decidono di indurre il parto. Nasce Marcolino, 1,404 kg, io incomincio a guardare lo sguardo di medici ed infermieri per cercare di capire se va tutto bene. Non vedo particolare agitazione e mi tranquillizzo leggermente. Da quel momento e per diverse ore non sappiamo più niente del nostro piccolo. Cerco di fare coraggio a Chiara e nello stesso tempo anche a me stesso. In quel momento era forse più facile non sapere. Decido di chiedere a qualcuno qualche notizia. Trovo la dottoressa di turno che…”Marco è in condizioni critiche stiamo facendo l’impossibile”. Era meglio non sapere. Vado in bagno cerco di consumare il più velocemente possibile tutte le lacrime che ho e torno da Chiara senza sapere bene cosa dire. Appena la vedo mi rendo conto che le lacrime non finiscono mai e il mio intento di rimanere il più sereno possibile crolla miseramente. Tornati in camera rimaniamo come paralizzati in attesa di notizie. La mattina finalmente possiamo vederlo. Piccolissimo ricoperto di fili, intubato praticamente non si vede. I medici non fanno previsioni. Il suo problema sono i polmoni, non riesce a respirare. Chiara incomincia prendere confidenza con il tiralatte. Io non so
cosa fare. Dopo qualche giorno possiamo toccarlo. Io per 2 settimane non ho il coraggio, il pensiero di aprire l’incubatrice e infilare la mano mi terrorizza.
Provo qualche volta ma poi richiudo subito tutto. Chi entra in TIN si trova davanti 1000 apparecchiature che rilevano i dati di tuo figlio ma soprattutto è il suono della macchinetta che misura la saturazione che non ti dà tregua,
soprattutto per Marcolino che non respira autonomamente. Passano i giorni incominciano i miglioramenti,suoi, e anche miei visto che adesso riesco non solo a toccarlo ma anche a fare la marsupio terapia. Inizia l’allattamento al
seno, i polmoni migliorano, incominciamo a pensare che Marcolino sia veramente uno tosto anzi ne abbiamo la certezza. Finalmente respira da solo e dopo 2 mesi torniamo a casa.

Grazie Chiara per quello che hai fatto prima e durante questa storia, grazie a Giulia e Luca che ci hanno aiutato moltissimo e grazie di cuore alla TINArruzzoli Matteo un papà felice

La storia di Ludovica

La storia di Ludovica

Ciao ,
come promesso eccomi qui a raccontarti un po’ la mia esperienza in TIN e devo partire dal giorno della mia dimissione. Mi ricordo come fosse ieri l’ansia mentre salivo quei 5 piani con l’ascensore…quei minuti sembravano interminabili…il cuore mi batteva all’impazzata e mi veniva da piangere (anke se ancora non sapevo cosa mi aspettasse). Bene siamo arrivati al piano…lentamente percorriamo il lungo corridoio che porta all’ingresso genitori e davanti alla porta esito…mio marito mi incoraggia ad entrare e mentre mi spiega tutte le procedure per prepararsi ad entrare incontro te…tu e mio marito vi eravate già conosciuti ma io era la prima volta che ti vedevo. Ti ricordo sorridente e piena di entusiasmo mentre le sensazioni che provavo io erano di disagio, paura e angoscia…perchè ero li? Perchè era toccato proprio a me? 

Non mi davo pace ma i miei pensiero sono stati interrotti da mio marito ke mi esorta ad entrare. Bene, vado…apro la porta e vengo investita dal rumore costante dei saturimetri…quel “bip…bip…bip” sarà il leitmotiv di tutti i nostri 43 giorni in tin. Bene dopo un attimo di esitazione mi faccio coraggio e mi avvio lungo il corridoio. 

Trovo un infermiere e chiedo dove trovo Ludovica e lui mi dice di seguirlo. Tutta tremante ubbidisco e ad un certo punto alza un telino rosa e li piccola e indifesa nell’incubatrice vedo lei. Cerco di trattenere le lacrime ma con scarso risultato e inizio anke a singhiozzare. Sono arrabbiata con me stessa x non essere stata in grado di proteggere la mia piccola nella pancia. Lei è nata a 29 settimane + 3 giorni e pesava 1470 kg con il calo 1300 kg. Mi sembrava minuscola e non volevo toccarla per paura di farle male. Sono rimasta un bel po’ li a fissarla senza riuscire a muovermi. Nella testa mi frullavano tante cose, tante sensazioni e mi chiedevo come un esserino tanto piccolo potesse sopravvivere fuori dalla pancia della mamma…senza nessuna protezione…perchè nn ero stata in grado di tenerla dentro di me?? Ci sono voluti tanti mesi prima di riuscire a cacciare dalla mia testa questo pensiero…bè era arrivato il momento di andare ma io non volevo lasciarla li…tutta sola e indifesa…chi l’avrebbe accudita?? Chi l’ avrebbe coccolata se piangeva?? 

È solo nei giorni successivi che mi sono resa conto che in quel reparto erano tutti infermieri bravissimi e competenti ma soprattutto PERSONE molto attente al lato umano. Mi sono ritrovata più volte ad essere consolata da alcuni di loro e quando ero un po’ giù di morale bastava una battuta per farmi sorridere. Un altro aspetto positivo che mi ha aiutata molto in quei lunghissimi 43 giorni è stato il conoscere altre mamme ed altri papà che come te stavano vivendo questa situazione e lo scambiarsi racconti ed esperienze è stato estremamente utile ma la cosa più bella è che ancora oggi siamo in contatto! Così sono passate le giornate…lunghe…interminabili fino a quel 10 dicembre (un mese esatto prima della data prevista per la sua nascita)…mi ricordo ke ero a casa e stavo rifacendo il letto quando sento il telefono…rispondo e la dottoressa che seguiva la mia piccola mi dice “signora oggi pomeriggio mandiamo a casa Ludovica”…io sono rimasta senza parole per un attimo…il cuore ha iniziato a battere all’impazzata ed ero così felice che avrei voluto gridare…ma avevo anche tanta paura…sarò in grado?? E se poi improvvisamente succede qlc che faccio? E cm faccio a monitorare la saturazione senza il saturimetro?? Poi mi sono detta “è una bimba prematura non un extraterrestre, come ho fatto con il fratello farò con lei”. Nel pomeriggio siamo arrivati in reparto con i vestitini mignon nuovi e la corrizzina…io e mio marito eravamo molto emozionati e dopo aver sbrigato tutte le procedure ci siamo avviati x l’ultima volta verso il lungo corridoio e girandomi ho avuto una stretta al petto…un po’ mi dispiaceva…in fondo erano stati la famiglia della mia piccola (e un po’ anche nostra)  per ben 43 giorni… da quel 10 dicembre è iniziata la nostra vera vita insieme. Ora Ludovica ha 17 mesi anagrafici ma 14 mesi corretti, è tremendissima e nonostante qualche incidente di percorso sta bene. 

Ora sono una mamma prematura….ed una mamma prematura vede la vita in modo differente dalle altre mamme…ha una sensibilità maggiore e sicuramente questa esperienza mi ha cambiato molto…ho iniziato a guardare il mondo da un’altra prospettiva e credo mi abbia reso una persona migliore!

La storia di Vincenzo

La storia di Vincenzo

Ciao, sono Francesca, mamma di Vincenzo, nato il 22/06/2017 a 27 settimane con un peso di 1009 grammi.
Siamo stati curati e coccolati per 3 mesi: un’esperienza molto dura, ma vissuta con tanta speranza nel cuore.
Ogni sera, per me, era una dura prova lasciarlo lì, ma con la speranza, il giorno dopo, di vederlo sempre più forte.


Dopo 3 lunghi mesi di alti e bassi, arrivò la notizia più bella: “Signora, domani per noi può tornare a casa.”
Dopo quasi 8 anni, ogni pensiero e ogni ricordo sono ancora impressi nella mente e nel cuore di tutti noi ❤️.
Vincenzo è un bambino molto simpatico e un vero vulcano di energia.

Con questa mia email vorrei ringraziare ancora una volta tutta la neonatologia per l’impegno e la dedizione che mettono nel loro lavoro.


Grazie di cuore,

Mamma Francesca.

La storia di Greta

La storia di Greta

Il 9 agosto 2023 ho scoperto di essere incinta. Io e mio marito Luca eravamo felicissimi, soprattutto quando abbiamo scoperto che sarebbe stata una femminuccia, e che la nascita era prevista per aprile 2024. Tuttavia, inaspettatamente, il 4 dicembre, dopo aver fatto la morfologica, ho iniziato a sentirmi strana. Ho avuto delle perdite e, per precauzione, sono andata in pronto soccorso. Ero abbastanza “tranquilla”, visto che avevo appena fatto l’ecografia, ma lì la dottoressa mi ha comunicato una notizia devastante: avevo perso il tappo mucoso, ero a 20 settimane, il sacco amniotico si era abbassato e mi avrebbero ricoverata. Mi ha detto che, nel giro di poche ore o al massimo il giorno dopo, avrei perso la mia bambina.

Mi è crollato il mondo addosso, eravamo disperati. Nonostante ciò, mi hanno ricoverata, e quella notte è passata senza che succedesse nulla. Le dottoresse, però, sono state chiare: mi avrebbero somministrato progesterone per tentare di prolungare la gravidanza, ma secondo loro il sacco si sarebbe comunque rotto e non c’era nulla da fare.

Ma io non mi sono arresa. Quando ho visto che i giorni passavano e la mia piccolina resisteva, ho pensato: “Ce la dobbiamo fare”. Così non mi sono mai alzata dal letto, mi sono impegnata perché non mi mandassero a casa. Nonostante dovessi seguire una dieta leggera, mangiavo comunque qualcosa che mi portavano gli amici e i parenti, che non mi hanno mai lasciata sola. Il loro supporto è stato fondamentale.

Sono passate tre settimane, ed è arrivato il 20 dicembre, giorno in cui avevo raggiunto le 23 settimane. Da due giorni avevo delle perdite e dolori addominali, ma mi dicevano che era normale nella mia situazione, considerando che ormai tutti erano convinti che la mia storia non sarebbe finita bene. Io, stupidamente, pensavo che fosse mal di pancia dovuto alla stitichezza. Ma quella sera, il 20 dicembre, ho scoperto che in realtà erano contrazioni.

Mi hanno fatta subito visitare e, dopo l’ecografia, mi hanno detto: “Non c’è più liquido, proviamo a fermare le contrazioni”. Mi hanno portata in sala parto per fare tutto il necessario, sia per la bambina che per fermare le contrazioni, ma purtroppo è stato tutto inutile. Greta stava per venire al mondo. Alle 21:39, infatti, è nata Greta, viva, pesava 540g, si muoveva e ha anche fatto un versetto. In quella sala parto, eravamo solo io e mio marito a credere che ce l’avremmo fatta.

Subito dopo, l’hanno portata via per intubarla e portarla in terapia intensiva. Da quel momento è iniziato il nostro lungo percorso, che è durato otto mesi.

La prima volta che sono entrata in TIN, ho visto nella sala d’attesa tanti quadri con storie di bambini prematuri. La prima cosa che ho detto a mio marito è stata: “Lo farò anche io per Greta”. Perché noi ci credevamo, e abbiamo sempre creduto che lei ce l’avrebbe fatta. Questi mesi sono stati lunghi e difficilissimi, peggio che stare sulle montagne russe. Non entro nei dettagli di tutte le problematiche che ha avuto, ma ha affrontato molte difficoltà, soprattutto legate al fatto che i suoi polmoni non erano completamente sviluppati, e i suoi problemi sono stati principalmente respiratori. La retinopatia agli occhi si è risolta spontaneamente e la sua testolina è sempre stata a posto.

Abbiamo vissuto momenti molto difficili durante questi otto mesi, ma Greta ha sempre dimostrato una forza incredibile. È stata una vera e propria forza della natura. Noi, a turno, le siamo sempre stati vicini, combattendo insieme a lei. Anche se è stato difficile psicologicamente, sembrava di vivere una vita parallela, tra l’ospedale, giorno e sera. Il mondo della TIN non è per niente facile, è un’esperienza che ti cambia in tutto e per tutto, ma ne è valsa la pena. Grazie alla nostra forza, alla determinazione dei medici (che non smetterò mai di ringraziare per aver creduto in noi fin dall’inizio) e soprattutto alla forza di Greta, ce l’abbiamo fatta.

Il 9 settembre è finalmente arrivato il nostro momento: siamo andati a casa e da quel giorno è iniziata la nostra vita, finalmente in tre.

Greta è il nostro miracolo, la nostra principessa.

“Se ci credi, l’impossibile può diventare possibile”.

Un grazie speciale a tutti gli infermieri della TIN, che sono diventati la nostra famiglia in tutti quei mesi.

Mamma Cristina e Papà Luca.