Il 9 agosto 2023 ho scoperto di essere incinta. Io e mio marito Luca eravamo felicissimi, soprattutto quando abbiamo scoperto che sarebbe stata una femminuccia, e che la nascita era prevista per aprile 2024. Tuttavia, inaspettatamente, il 4 dicembre, dopo aver fatto la morfologica, ho iniziato a sentirmi strana. Ho avuto delle perdite e, per precauzione, sono andata in pronto soccorso. Ero abbastanza “tranquilla”, visto che avevo appena fatto l’ecografia, ma lì la dottoressa mi ha comunicato una notizia devastante: avevo perso il tappo mucoso, ero a 20 settimane, il sacco amniotico si era abbassato e mi avrebbero ricoverata. Mi ha detto che, nel giro di poche ore o al massimo il giorno dopo, avrei perso la mia bambina.
Mi è crollato il mondo addosso, eravamo disperati. Nonostante ciò, mi hanno ricoverata, e quella notte è passata senza che succedesse nulla. Le dottoresse, però, sono state chiare: mi avrebbero somministrato progesterone per tentare di prolungare la gravidanza, ma secondo loro il sacco si sarebbe comunque rotto e non c’era nulla da fare.
Ma io non mi sono arresa. Quando ho visto che i giorni passavano e la mia piccolina resisteva, ho pensato: “Ce la dobbiamo fare”. Così non mi sono mai alzata dal letto, mi sono impegnata perché non mi mandassero a casa. Nonostante dovessi seguire una dieta leggera, mangiavo comunque qualcosa che mi portavano gli amici e i parenti, che non mi hanno mai lasciata sola. Il loro supporto è stato fondamentale.
Sono passate tre settimane, ed è arrivato il 20 dicembre, giorno in cui avevo raggiunto le 23 settimane. Da due giorni avevo delle perdite e dolori addominali, ma mi dicevano che era normale nella mia situazione, considerando che ormai tutti erano convinti che la mia storia non sarebbe finita bene. Io, stupidamente, pensavo che fosse mal di pancia dovuto alla stitichezza. Ma quella sera, il 20 dicembre, ho scoperto che in realtà erano contrazioni.
Mi hanno fatta subito visitare e, dopo l’ecografia, mi hanno detto: “Non c’è più liquido, proviamo a fermare le contrazioni”. Mi hanno portata in sala parto per fare tutto il necessario, sia per la bambina che per fermare le contrazioni, ma purtroppo è stato tutto inutile. Greta stava per venire al mondo. Alle 21:39, infatti, è nata Greta, viva, pesava 540g, si muoveva e ha anche fatto un versetto. In quella sala parto, eravamo solo io e mio marito a credere che ce l’avremmo fatta.
Subito dopo, l’hanno portata via per intubarla e portarla in terapia intensiva. Da quel momento è iniziato il nostro lungo percorso, che è durato otto mesi.

La prima volta che sono entrata in TIN, ho visto nella sala d’attesa tanti quadri con storie di bambini prematuri. La prima cosa che ho detto a mio marito è stata: “Lo farò anche io per Greta”. Perché noi ci credevamo, e abbiamo sempre creduto che lei ce l’avrebbe fatta. Questi mesi sono stati lunghi e difficilissimi, peggio che stare sulle montagne russe. Non entro nei dettagli di tutte le problematiche che ha avuto, ma ha affrontato molte difficoltà, soprattutto legate al fatto che i suoi polmoni non erano completamente sviluppati, e i suoi problemi sono stati principalmente respiratori. La retinopatia agli occhi si è risolta spontaneamente e la sua testolina è sempre stata a posto.
Abbiamo vissuto momenti molto difficili durante questi otto mesi, ma Greta ha sempre dimostrato una forza incredibile. È stata una vera e propria forza della natura. Noi, a turno, le siamo sempre stati vicini, combattendo insieme a lei. Anche se è stato difficile psicologicamente, sembrava di vivere una vita parallela, tra l’ospedale, giorno e sera. Il mondo della TIN non è per niente facile, è un’esperienza che ti cambia in tutto e per tutto, ma ne è valsa la pena. Grazie alla nostra forza, alla determinazione dei medici (che non smetterò mai di ringraziare per aver creduto in noi fin dall’inizio) e soprattutto alla forza di Greta, ce l’abbiamo fatta.
Il 9 settembre è finalmente arrivato il nostro momento: siamo andati a casa e da quel giorno è iniziata la nostra vita, finalmente in tre.
Greta è il nostro miracolo, la nostra principessa.
“Se ci credi, l’impossibile può diventare possibile”.
Un grazie speciale a tutti gli infermieri della TIN, che sono diventati la nostra famiglia in tutti quei mesi.
Mamma Cristina e Papà Luca.




2 Comments
Grandissimi!!! Siamo felici per voi!!!
Greta nel ❤️ sempre